Prepara i calici
Sono chiuso in casa da tre settimane per terminare un romanzo, senz'altra compagnia se non quella del mio cane Zarko e del mare, felice tra i miei personaggi, ma dalle prime ore di domenica, ho cominciato a ricevere delle telefonate dei miei amici e amiche del Cile.
"Prepara i calici", mi dicono dal mio lontano paese. Ho pronta una bottiglia di Dom Perignon in frigorifero. È un riserva speciale e me la regalò a questo fine il mio caro amico Vittorio Gassman una sera a Trieste. "Spero che la berremo insieme", mi disse in quell'occasione e sarà così, perché a casa mia c'è un calice che porta inciso il suo nome.
Alla radio, una voce dice che il tiranno sta davvero male e che, a quanto pare, stavolta la Parca se lo porterà all'inferno degli indegni, anche se noi cileni non ci fidiamo mai delle repentine malattie che lo colpiscono ogni volta che deve affrontare la giustizia.
Vorrei essere in Cile tra i miei cari e condividere con loro la spumeggiante allegria di sapere che finalmente finisce l'odiosa presenza del vile che ha mutilato le nostre vite, che ci ha riempito di assenze e di cicatrici. Pinochet non solo ha tradito il legittimo governo guidato da Salvador Allende, ha tradito un modello di paese e una tradizione democratica che era il nostro orgoglio, ma in più ha tradito anche i suoi stessi compagni d'armi negando che gli ordini di assassinare, torturare e far scomparire migliaia di cileni li dava lui personalmente, giorno dopo giorno. E come se non bastasse, ha tradito i suoi seguaci della destra cilena rubando a dismisura e arricchendosi insieme al suo mafioso clan familiare.
L'ex dittatore paraguayano, Alfredo Stroessner, è morto poco tempo fa nel suo esilio brasiliano, pazzo come un cavallo, dichiarando persone non gradite in Paraguay cento persone al giorno i cui nomi estraeva dall'elenco del telefono di Sau Paulo. Pinochet, invece, muore simulando una follia che gli permette fino all'ultimo minuto di fare assegni e transazioni internazionali per nascondere la fortuna che ha rubato ai cileni. Muore amministrando il suo bottino di guerra con la complicità di una giustizia cilena sospettosamente lenta.
Smette di respirare un'aria che non gli appartiene, di abitare in un paese che non merita, tra cittadini che per lui non provano altro che schifo e disprezzo. Ma muore, e questo è quello che importa. La sua immagine prepotente di "Capitán General Benemérito", titolo di ridicola magniloquenza che si autoconcesse, svanisce nella figura dell'anziano ladro che nasconde il suo ultimo furto tra i cuscini della sedia a rotelle. Ma muore, e questo è quello che importa.
Prima di tornare al mio romanzo, apro il frigorifero e palpo il freddo della bottiglia. Poi dispongo i calici con i nomi dei miei amici che non ci sono, dei miei fratelli che difesero La Moneda, di quelli che passarono nei labirinti dell'orrore e non parlarono, di quelli che crebbero nell'esilio, di quelli che fecero tutte le battaglie fino a sconfiggere il miserabile che ha gettato un'ombra sulla nostra vita per sedici anni ma non ci ha tolto la luce dei nostri diritti. Con tutti loro brinderò con gioia alla morte del tiranno.
Luis Sepulveda
7 Comments:
Devo preparare i calici perchè è morto Pinochet o perchè stamattina ti hanno pubblicato una lettera su Italians (parlando di calcio, peraltro, con mia somma delusione)?
Per Pinochet, ovvio.
Per Italians non ne vale la pena, visto che Severgnini "simpatico" com'è ha eluso la questione.
Perché sei deluso? Lo sai che in fondo io sono un esperto di calcio e che la letteratura è solo una copertura, no?
Più che altro so che non puoi vivere senza ca...zzo. Altro che vorebbimo parla' de letteratura!
La letteratura serviva solo per imbarcare (e tu lo sai bene, "Les Misérables" docet) e ora che sono fiNdanzato potrei anche smettere di studiare; solo che mi sono spinto troppo in là e quindi sono ormai obbligato a continuare per cercare di cavarci qualcosa.
Non ho idea di cosa ho appena scritto.
E' la vecchia storia del cavare il ragno dal buco, che in fondo non ho mai capito. E' un po' come confondere Franciacorta e Valpolicella, o Figa e Tubo della Stufa (un amico del cugino del mio macellaio di fiducia mi ha detto che quest'ultimo misunderstanding capita spesso in caso di abuso dei prodotti enologici succitati, peraltro).
Tra l'altro Bukowski in un racconto usa "tubo della stufa" come sinonimo per il culo (nel senso di ano), per cui la seconda dicotomia che citi parrebbe ancora più indovinata.
Che poi secondo te qual'è la sfumatura che distingue il "cavare il ragno dal buco" e il "togliere le castagne dal fuoco"? E c'è davvero tanta differenza fra "Il lavoro nobilita l'uomo" e "Il lavoro rende liberi"? Ma soprattutto, come fai a scrivere in italico nei commenti?
Il Tubo della Stufa quale sinonimo di Culo è un'espressione da te spesso (ab)usata, quindi io stavo citando te che citavi Bukowski. Una specie di catena di Sant'Antonio delle citazioni abusate. Come scrivere in italico nei commenti? Ah ah ah, non lo saprai mai!
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